La montagna degli eccessi che diventa pericolosa

Corriere della Sera, 06.01.2013 – Isabella Bossi Fedrigotti

Sei turisti sono morti ieri notte in val di Fiemme e altri due sono feriti gravi; sono morti in vacanza, nel corso di un’escursione che doveva essere spensierata e, perciò, ogni parola rischia di essere eccessiva, fuori luogo, forse anche per qualcuno inaccettabile. E tuttavia, purtroppo, il concetto va suggerito e pronunciata la parola. Si chiama riminizzazione della montagna, ed è stata inventata da un albergatore della vicina val Badia che la montagna la ama moltissimo e da molti anni combatte per difenderla e per trovare adepti della sua difficile battaglia. 

Definisce – la riminizzazione – quel fenomeno per cui la Disneyland nella quale si sono trasformate ormai da tempo le nostre principali spiagge è stata trasferita anche nelle più belle, più incontaminate valli alpine. Ciò vuol dire baite in quota praticamente trasformate in pub, dove, al suono frastornante di musiche da discoteca, si festeggiano interminabili happy hour, dalle dieci di mattina fino al tramonto, e dove lo sci si riduce spesso a un pretesto per sfoggiare magnifici, strabilianti completini sportivi.

Queste location – in che altro modo chiamare rifugi alpini svuotati della loro vera funzione? – sono circondate da tutti quegli orpelli che conosciamo dalle spiagge alla moda, e cioè bandiere, striscioni, palloncini colorati, video che mostrano se stessi in piena attività: giusto per il caso che qualcuno, forse sordo, non le avesse sufficientemente notate.
Nulla di male si è costretti a dire, tranne che per quanti ricordano i paesaggi incontaminati e le baite di un tempo, l’incanto silenzioso dei boschi e delle malghe, il calore protettivo dentro i rifugi dopo la fatica e il gelo delle piste, forzati – dall’avanzare della riminizzazione – a cercare tutto questo in luoghi sempre più lontani e più inaccessibili.

Tuttavia le conseguenze che il fenomeno porta con sé non sono soltanto di natura estetica, non offendono solo occhi e orecchie: infatti, alla conclusione delle happy hour in quota, sfrecciano poi disordinatamente in pista sciatori e snowbordisti che spesso e volentieri hanno troppo alzato il gomito, e gli incidenti, anche mortali, purtroppo non sono più una rarità.

Ma la riminizzazione non termina con il tramonto, continua anche nella notte, forse ancora più pericolosa. E perciò piste illuminate, impianti che funzionano fino ad ora tarda, discese alla luce della luna dopo polente bene annaffiate nei rifugi, corse in slitta o in motoslitta.
Nulla di più divertente, di più eccitante per chi ama il genere, facilmente portato a credere che la montagna sia davvero una specie di parco dei divertimenti, controllabile a piacere, versione più emozionante – perché più vera – della più emozionane delle giostre, dove basta pagare il biglietto per accedere allo spasso e, quando si è stufi o stanchi, basta fare un cenno per poter scendere. La montagna – e questi terribili, crudeli incidenti vengono periodicamente a ricordacelo – pur addomesticata, pur resa accessibile a chiunque, pur truccata da allegra e benevola Gardaland è, però, tutt’altro e chi la frequenta davvero lo sa bene: soprattutto di notte non vi si può mai essere al cento per cento sicuri.

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