No alle infrastrutture dell’infelicità, beati i costruttori di futuro

„Wer glaubt, Umweltschützer, die gegen ein verkehrtes Großprojekt kämpfen, hingen nostalgischen Vorstellungen nach, täuscht sich gewaltig. Wir kämpfen für die Zukunft unseres Landes.“

Legambiente Lombardia, 13.09.2013 – Nei film di fantascienza del secolo scorso lo sguardo al futuro preconizzava una società ad alta velocità. Tutto si sarebbe svolto a velocità incredibili, superando anche le colonne d’Ercole della velocità della luce, con mezzi potentissimi ma silenziosi, nelle città terrestri e nei vasti spazi interstellari. Un’idea di velocità che trasferiva nell’iperspazio fantasmatico il sogno commerciale dell’automobile, sempre più performante, sempre più veloce, accantonando i ‚fattori limitanti‘ termodinamici per una crescita indefinita della velocità delle persone e degli oggetti: fattori (in primo luogo il costo energetico) che hanno mandato in pensione il mitico Concorde, impedendogli di diventare il capostipite di una nuova generazione di aeromobili.

Sebbene quell’illusione sia tramontata, l’industria dell’auto viva una drammatica fase di ristrutturazione, ed oggi viviamo nell’epoca della supervelocità delle informazioni (in questo sì, superando la fantasia degli scrittori di sci-fi), le nuove grandi infrastrutture con cui ci confrontiamo quotidianamente sono tutte ancorate al retaggio di quella illusione novecentesca. Un retaggio pericolosissimo, perchè se è vero che ogni comunità ha bisogno di infrastrutture, è anche vero che se le infrastrutture sono sbagliate esse non solo rappresentano uno spreco di risorse naturali e di territorio, ma diventano un ‚sequestro di futuro‘, un pozzo senza fondo in cui precipitano patrimoni pubblici e privati e denari che dovranno continuare ad essere somministrati, sia per mantenerle artificialmente in funzione, sia per smantellarle quando anche questi sforzi si saranno rivelati vani. Energie distolte ai veri imperativi del presente: siamo impantanati nelle infrastrutture del passato, che siano nuove autostrade, sovente duplicati disfunzionali di quelle già esistenti, o linee ferroviarie ad alta velocità su tratte che non richiedono questo tipo di esercizio (come la Milano-Venezia o la Torino-Lione), o aeroporti da ampliare in assenza di domanda reale, o inceneritori costruiti per gestire rifiuti che già oggi intraprendono circuiti più virtuosi di valorizzazione, o centrali termoelettriche nuove di zecca ma che non riescono a funzionare in modo redditizio perchè la crescita delle rinnovabili ha tagliato drammaticamente i margini speculativi con cui gli operatori energetici potevano operare, fino a pochi anni fa, in condizioni di monopolio. E se non ci siamo ancora liberati del pesante retaggio di centrali nucleari spente da decenni, per il cui smantellamento ancora non vediamo luce in fondo al tunnel, immaginate quanto impiegheremo a liberarci della schiera di errori di programmazione che sono la ‚normale‘ programmazione delle infrastrutture nel nostro Paese.

A quanti pensano che gli ambientalisti che lottano contro un’autostrada sbagliata sono coltivatori di idee nostalgiche rispondiamo che stanno prendendo un granchio, stiamo lottando per il futuro del nostro Paese. Perchè non si dà futuro senza risorse, e non ci sono risorse utili (economiche, energetiche, naturali, creative) se quelle disponibili sono distolte per investimenti che servono solo a chi li realizza. Perchè quando le proteste sono riuscite a impedire la ennesima centrale termoelettrica a Offlaga (BS) o l’ennesimo inceneritore a Milano, il favore principale lo abbiamo fatto ai proponenti di questi progetti che, ora è chiaro a tutti, erano sbagliati: nè A2A nè gli industriali bresciani potranno mai ringraziarci abbastanza per aver loro risparmiato un insanabile buco finanziario. Non lo diciamo solo noi, lo denuncia anche, con la veemenza e il coraggio della testimonianza, Don Albino Bizzotto (http://www.altreconomia.it/site//fr_contenuto_detail.php?intId=4284) con il suo sciopero della fame contro le nuove autostrade venete, e sempre più sono le voci critiche ed informate, purtroppo ancora insufficienti ad arginare il peso strabordante delle lobby sulle decisioni strategiche del nostro Paese. Eppure questa è una battaglia che vogliamo e dobbiamo vincere, perchè vogliamo che le risorse siano investite nel nostro comune futuro, e non per rallentare, a favore di rendite politiche e finanziarie, l’inarrestabile orologio del cambiamento.

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